A far da cornice all’evento, un autentico parterre de roi, composto da una giuria di grande spessore e qualità, presieduta dall’ex direttore di Repubblica Ezio Mauro e che comprendeva tra gli altri Dacia Maraini, Corrado Augias, Bruno Manfellotto, Maria Pia Calandrone e Nicola Porro
Un pomeriggio di cultura con la “C” maiuscola, con Civitavecchia proiettata con merito sotto i riflettori della cronaca nazionale. Si è rivelato un grande successo organizzativo, di contenuti e di pubblico la prima edizione del premio giornalistico “Eugenio Scalfari – Città di Civitavecchia”, svoltasi al Traiano giovedì, ideata e voluta da tre associazioni cittadine – Spazioliberoblog, Book faces e Blue in the Face – per celebrare uno dei figli più illustri della città, Eugenio Scalfari appunto, nato a Civitavecchia nel 1924 e scomparso il 14 luglio scorso. A far da cornice all’evento, un autentico parterre de roi, composto da una giuria di grande spessore e qualità, presieduta dall’ex direttore di Repubblica Ezio Mauro e che comprendeva tra gli altri Dacia Maraini, Corrado Augias, Bruno Manfellotto, Maria Pia Calandrone e Nicola Porro, unico nome locale, che però è stato il prezioso trait d’union tra gli organizzatori e i giurati.
A condurre la serata con la consueta competenza e il giusto ritmo Gino Saladini, che per prima ha accolto sul palco Maria Zeno, incaricata di spiegare i motivi dell’iniziativa, compito svolto con efficacia e passione. Sono seguiti i saluti del sindaco Ernesto Tedesco e del presidente facente funzione della Regione Lazio, Daniele Leodori, poi è stata la volta di Ezio Mauro, presidente della giuria, che ha ricordato Scalfari, anche con alcuni interessanti e divertenti aneddoti, e che è rimasto accanto a Saladini per tutta la durata della manifestazione.
Da quel momento si sono alternati sul palco i premiati, a cominciare da Luciana Castellina, icona del giornalismo progressista italiano, che ha ricevuto la menzione speciale per il miglior articolo sulla morte di Scalfari, poi letto da Augias. Castellina, emozionata ma in gran forma a dispetto delle sue 93 primavere, è stata quindi raggiunta dalle figlie di Scalfari, Donata ed Enrica, che hanno raccontato episodi di vita familiare del padre di fronte a una platea attenta e curiosa, oltre che gremita. A completare il quadro dei ricordi, la veloce “incursione” di Massimo Giannini, ora direttore de “La Stampa”, tra i tanti giornalisti cresciuti nella palestra di Repubblica sotto gli insegnamenti di Scalfari.
Successivamente si è aperta la corposa e apprezzatissima parentesi dedicata alla poesia, con il premio intitolato alla compianta Biancamaria Frabotta, anche lei scomparsa di recente (il 2 maggio scorso), figlia della civitavecchiese Eugenia De Falchi e legatissima alla città, più volte citata anche nelle sue mirabili opere. In questo caso, la scelta di miglior poetessa del 2022, su indicazione di Dacia Maraini e Maria Pia Calandrone, condivisa all’unanimità dalla giuria, è caduta su Antonella Anedda, poetessa elegante e profonda, anch’essa emozionatissima, che ha dialogato con Maraini, dopo che l’attore Pino Quartullo e Calandrone stessa leggessero liriche sue e di Frabotta.
L’ultimo capitolo della manifestazione ne è stato anche il clou, considerato che veniva assegnato appunto il primo premio “Eugenio Scalfari”. Ad aggiudicarselo, pure in questo caso con , come sottolineato da Mauro, Francesca Mannocchi, giornalista free lance, da anni impegnata in “teatri di guerra” noti, ma spesso anche in quelli meno conosciuti o addirittura dimenticati, che collabora con alcuni dei più prestigiosi media italiani – giornali e televisioni – offrendo visioni dei conflitti da angolazioni diverse e soprattutto “dal campo”, usanza sempre più rara da parte della stampa nazionale, che ha via via ridotto gli inviati di guerra probabilmente oltre i limiti della corretta e completa informazione. Toccante, nello specifico, l’articolo scelto e letto da Quartullo per celebrare Mannocchi, il ritratto di Irina, donna che nell’inferno di Kharkiv, si occupa di accogliere, informare i parenti e dare degna sepoltura ai soldati ucraini vittime del conflitto contro la Russia. Un articolo crudo nella descrizione, ma che trasuda umanità da ogni riga, grande esempio di giornalismo di una donna appassionata del proprio mestiere. Francesca Mannocchi, 41 anni, anche lei commossa per il riconoscimento, ha reso omaggio come gli altri e forse più degli altri a Scalfari, sottolineando di non averlo conosciuto ma di essersi formata alla professione attraverso i suoi articoli e i suoi editoriali, sempre improntati ad affrontare e far comprendere la complessità della realtà. Una manifestazione davvero bella, quella di giovedì al Traiano, di forte respiro culturale, di cui la città ha un gran bisogno e che merita di diventare un appuntamento fisso. Infine un plauso, più volte arrivato anche dal palco, a Fabrizio Barbaranelli, anima di Spazioliberoblog, primo ad avere l’intuizione del premio e poi darle seguito con convinzione e tenacia insieme a una squadra per fortuna numerosa, che lo ha affiancato e supportato in tutto e per tutto.